I primi esperimenti pittorici di Guy Harloff risalgono ai primissimi anni cinquanta, eseguiti da un ventenne autodidatta, suggestionato dall’incontro con i Merzbild di Kurt Schwitters osservati a Positano in casa dell’amico Philip Martin, che lo influenza nell’approfondimento di una ricerca spirituale e simbolica.
Nei primi anni cinquanta Harloff vive a Parigi, dove è attratto anche dalla pittura costruttivista. La frequentazione assidua di biblioteche, musei e gallerie lo incoraggia allo studio della tradizione, con particolare interesse per la visionarietà di Hieronymus Bosch, dell’Arcimboldo, di El Greco, di Dürer, passione che non è secondaria a quella per le icone russe, per le miniature persiane, l’antropologia, l’alchimia, il Tantra, il Sufismo e la Cabala ebraica.
Tra il 1953-’54 e il 1959 esegue esclusivamente collages con materiali di recupero raccolti per le strade di Parigi: carte, frammenti di latta, biglietti dell’autobus e del cinema, tappi di bottiglie, che assembla con gomme arabiche e cera di api.
Il disegno è la sua passione parallela; schizza incessantemente con penne a sfera su carnet o foglietti ovunque si trovi, nei caffè, al cinema, sulle carrozze della metropolitana. Copre millimetro per millimetro tutta la superficie dei fogli con chine colorate, occupando sei-sette ore al giorno, secondo un procedimento sfibrante che mette a dura prova i suoi occhi.
Harloff concepisce il lavoro secondo un metodo rigoroso, sfibrante, da miniaturista moderno.
L’artista privilegia la rappresentazione simbolica della natura, attraverso cui persegue un cammino di ascesi e di maturazione spirituale; dipingere è parte del percorso verso il raggiungimento della “Grande Opera”, come spesso è indicato nelle scritte autografe apposte a commento dei suoi lavori.
Il motto harloffiano “Work is the Great Power” è trascritto infatti un po’ ovunque, negli scritti e nei suoi affascinanti mandala, nelle forme figurali simboliche che elabora con le chine colorate.
Alla fine degli anni cinquanta sperimenta a Parigi una visione sincretista tra strascichi surrealisti e nuova cultura beat, assunta grazie all’amicizia con Allen Ginsberg, Peter Orlowsky e Gregory Corso.
TRIESTE, 1956
COLLAGE N. 1, 1956
SOLSTICE! …, 1958
MOONLIGHT! …, 1958