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ALCUNI SIMBOLI USATI DA GUY HARLOFF NELLE SUE OPERE

“I simboli sono ovunque… sono semplicemente porte che si aprono su altri mondi, su altre realtà…”

Guy Harloff

 

Ricorre spesso la scritta WORK IS THE GREAT POWER… per Harloff “il tavolo di lavoro è sacro, è un luogo del rituale, in cui grazie al lavoro l’artista si trasforma, cerca di diventare un essere migliore”.

L’OCCHIO “è il simbolo della visione, della consapevolezza, della comprensione… le imbarcazioni del Mediterraneo hanno occhi sulla prua, dipinti o scolpiti, per assicurare un viaggio sicuro”.occhio harloffLa LAMPADINA significa “realizzazione improvvisa, quell’istante di immediata totale comprensione, quando sopraggiunge la pace”.

The Lightbulb..., 1983, collage e inchiostri su carta, cm 25,3x15,5

The Lightbulb, 1983. Collezione privata

La SCALA: la scala, al pari dell’ALBERO DELLA NAVE, rappresenta l’ascendere dell’essere lungo l’asse. “Le parti verticali della scala sono maschili – Yang . Le parti orizzontali della scala sono femminili – Yin”. 

Coinnassance, 1971, collage e inchiostri su carta, cm. 69,5x46,5. Collezione privata -

Connaissance, 1971. Collezione privata

Il COLTELLO, la SCOPA: “Tagliare il nodo gordiano, essere liberi, essere liberi…”. “Abbiamo bisogno delle scope, di molte scope – per spazzare via tutto ciò che non è buono nella nostra vita”.

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La grande pyramide, 1963. Collezione privata

Le LETTERE DELL’ALFABETO (“alfabeto incompleto”, mancante delle lettere B, J, K e Y): l’uso delle lettere dell’alfabeto non è mai casuale per Harloff. La E, ad esempio, “sta per Eva, la donna primordiale… è evoluzione, elevazione, energia, elisir di lunga vita… è la vitamina E”.

E, 1986, cm 36x31. Di Gabriele Vianelli, Chioggia (amico di Ferroli)

E, 1986. Collezione privata

Il RIGHELLOè uno strumento per conoscere se stessi. Significa misurare se stessi, conoscere i propri limiti, e sapere dove siamo…”.

Il n'est pas trop tard (2)

Il n’est pas trop tard, 1963. Collezione privata

L’UOVO “è alchemico. E’ il grande contenitore. E’ nascita. E’ anche “l’oeuf dur mayonnaise” dei ristoranti francesi da quattro soldi dove noi artisti andavamo quando eravamo senza soldi a Parigi”.

The Egg, 1988, cm 31x 22,5. Di Massimo Vianelli

L’uovo, 1988

 

 


A (The Lips are closed...), 1987, cm 44x29.

A (The Lips are closed…), 1987, collage e inchiostri su carta. Collezione privata

 

“La A dei miei quadri è soltanto la prima lettera dell’alfabeto, forse la aleph dei cabalisti, la radice spirituale di tutte le altre lettere, che racchiude nella sua essenza l’intero alfabeto e perciò tutti gli elementi del discorso umano. Io uso tutti gli alfabeti nelle mie opere, frasi in tutte le lingue, simboli sacri che ho scoperto nelle mie ricerche e che sono ancora attivi in noi. E anche i colori. Per gli occidentali i colori sono tre, mentre i colori sono quattro, c’è anche il nero e gli orientali lo sanno benissimo! Le mie tecniche, l’uso dei colori, dei materiali, non è mai casuale. Quella A è una A. Non voglio avere a che fare con la politica perché ho avuto tristi esperienze in passato […]. Per me il lavoro è un baluardo dal quale difendo la mia individualità”.

(da un’intervista a Harloff realizzata nel 1988 da Franco Bunčuga)


 

Quando si trovava a New York, Guy Harloff alloggiava da sempre al Chelsea Hotel, vero porto di mare dove transitavano o risiedevano artisti, musicisti, cineasti, direttori di musei, avventurieri. 

Ecco una fotografia di Claudio Edinger, realizzata nei primi anni ottanta, che ritrae l’artista nella sua stanza del Chelsea Hotel

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